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Un Field Project SUPSI per individuare proposte innovative

19.08.2024

Dopo la positiva esperienza del 2021, nella primavera 2024 l’Ufficio regionale della Svizzera italiana ha nuovamente aderito come partner aziendale al Field Project del Bachelor in Leisure Management della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Grazie al Field Project, studenti e studentesse hanno la possibilità di applicare quello che hanno appreso in aula ad un caso aziendale reale, sotto la supervisione di un/a docente del corso di laurea. Come azienda, IdéeSport ha proposto la sua sfida specifica da elaborare, ha fornito informazioni e garantito il supporto necessario alla buona realizzazione del progetto.

La sfida del Field Project consisteva nel presentare una breve panoramica della situazione giovanile attuale; identificare i bisogni dei e delle giovani in materia di protezione dell’infanzia e di prevenzione della violenza e proporre delle piste innovative per il futuro dei progetti di IdéeSport. Il gruppo di studenti e studentesse – composto da Giorgia Balardi, Ilaria Granato, Joele Baghin e Noah Lanini – ha pianificato il progetto e svolto le analisi necessarie per sviluppare delle proposte concrete in risposta alla sfida. Le proposte verranno ora portate al vaglio del team di IdéeSport Svizzera italiana e selezionate per una possibile implementazione a medio termine. Si tratta di un importante primo passo per avvicinare gli studenti e le studentesse al mondo professionale, offrendo loro l’opportunità di applicare le proprie conoscenze e competenze in un contesto reale.

Incontriamo Joele, che ci racconta in questa intervista la sua esperienza di collaborazione con IdéeSport nell’ambito del Field Project.

Puoi presentarti brevemente e spiegarci il tuo percorso di studio presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI)?

Sono Joele Baghin, ho 24 anni, sto frequentando il Bachelor in Leisure Management. Questo percorso di studio si occupa delle attività del tempo libero e ha tre grandi vocazioni: turismo, cultura e sport. I moduli vanno ad approfondire questi argomenti. Ricevi sostanzialmente una formazione da manager. Nel secondo e terzo anno ti permettono di approfondire ulteriormente. Per il terzo anno sto valutando, mi piacciono tutti gli ambiti, anche lo sport è un ottimo strumento sociale e ha un buon futuro. Arte e cultura è forse un po’ più difficile. Mi appoggerò anche sulle possibilità date dallo stage (obbligatorio) del terzo anno.

Oltre alle lezioni in aula e a un periodo di pratica professionale, il vostro percorso di studio prevede anche lo svolgimento di un Field Project. In cosa consiste?

L’intera classe viene separata in gruppi. Ogni anno vengono proposti nuovi committenti e partner. Abbiamo dovuto indicare una scala di preferenza (6-7) fra le sfide proposte dai committenti. Sono stati poi creati i gruppi che dovevano svolgere la sfida. La durata della ricerca vera e propria va da febbraio a maggio (con la consegna del report finale e la successiva presentazione).

Per il Field Project avete collaborato con la Fondazione IdéeSport. Perché avete scelto la nostra sfida nell’ambito della prevenzione della violenza e della promozione dei diritti dell’infanzia?

A me piaceva l’idea dell’impatto sociale, dell’importanza di una fondazione del genere su quel che sono le future generazioni, i ragazzi, il nostro Cantone, il territorio. Non sono uno sportivo di grande livello e non conoscevo IdéeSport, perché non ho frequentato i progetti. Mi intrigava l’idea che una fondazione potesse agire per un bene maggiore, una causa sociale e non per un puro guadagno.

La promozione dei diritti e la prevenzione della violenza era già un tema per voi o è qualcosa di nuovo?

Non è un tema che trattiamo a livello uni, (la nostra formazione) non si occupa di fondazioni in ambito sociale. È piuttosto la formazione in Lavoro sociale (DEASS). Per questo c’era più appeal da parte mia: provare qualcosa di differente da quello che abbiamo già visto.

Durante lo svolgimento del Field Project, cosa vi è piaciuto particolarmente e cosa invece non vi aspettavate?

Personalmente in questa situazione: la concretezza del lavoro, sai che quel che fai può avere un impatto. La concretezza di qualcosa estrapolato sul campo, perché siamo stati noi a fare le ricerche, a intervistare, ecc. Quel che non mi è piaciuto: era tostino! La ricerca era di grande portata in un tempo limitato. Però la tempistica ti aiuta a dirti «facciamo, muoviamoci». Posso essere soddisfatto di quello che abbiamo fatto. Un’ulteriore sfida era imparare a lavorare con persone con cui non avevo mai lavorato, dato che era un gruppo nuovo. Abbiamo dovuto capirci e fare qualcosa che abbiamo visto solo a livello teorico ha le sue difficoltà.

Abbiamo già dovuto fare lavori di ricerca dati e sviluppo dati, ma non di ricerca sul campo. Qui entrano in gioco la gestione del tempo e del materiale: c’è tanto materiale, tanta carne al fuoco. Con le interviste abbiamo visto che è uscito tantissimo, devi esser in grado di capire i punti importanti, estrarre il succo e trasportarlo nel tuo lavoro.

Un’altra sfida: essendo un ambito nuovo, abbiamo dovuto imparare anche tutto quel che era l’aspetto di letteratura. Non trattandosi di piani di comunicazione (che siamo soliti trattare), ma di altri concetti, quindi abbiamo imparato anche dei termini specifici legati al sociale, alla prevenzione. Senza questo Field Project non li avremmo trattati.

A collaborazione conclusa, cosa avete imparato da questa esperienza?

Con questa collaborazione possiamo dire di aver avuto una visione della situazione giovanile. Abbiamo potuto intervistare più attori, è stato illuminante, perché abbiamo parlato con persone che sono a contatto con i giovani. Questa è la parte più importante per noi. È qualcosa di nuovo che sotto l’aspetto di vita, di conoscenza delle cose è arricchente. Ho conosciuto IdéeSport, una fondazione interessante. Il fatto che IdéeSport abbia posto la sfida denota che ci tiene a vedere quali sono i bisogni delle persone giovani.

Cosa ritenete di aver apportato a IdéeSport?

Spero che siamo riusciti a portare qualcosa di diverso. Non arrivando dal settore umanistico, magari siamo riusciti a portare una visione diversa, a proporre delle nuove idee. Mi auguro che riusciamo ad agganciare anche qualche contatto, una rete diversa, un altro punto di vista.

Grazie a questa collaborazione, avete potuto familiarizzarvi con la struttura della Fondazione IdéeSport e i suoi progetti. C’è qualcosa che vi ha colpiti in particolare?

Personalmente quel che mi ha colpito è l’inclusione dei ragazzi e delle ragazze. È quel che è emerso anche con le interviste con gli attori sul territorio (per esempio con l’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani – UFaG). I giovani devono comunque essere tra di loro. Quel che trovo bello è che a MidnightSports son i ragazzi e le ragazze a essere i sovraintendenti e ciò può aiutare, c’è meno presenza dell’adulto. C’è il team di coach della stessa età con cui possono discutere, hanno vissuto o stanno vivendo la stessa cosa e possono capirli. Poi formare dei ragazzi con un programma coach in ambito sociale è importante per loro, possono scoprire qualcosa, che magari non hanno modo di scoprire nella loro vita. Il fatto che IdéeSport sia agganciata al territorio è essenziale.

In conclusione, a fine studi quale sarebbe il lavoro dei tuoi sogni e cosa ti aspetti dal mondo del lavoro?

Ho già visto parte del lavoro, ho fatto un apprendistato di venditore. Onestamente ho ancora le porte aperte. Sto anche valutando la possibilità di fare un master. Vedrò cos’ha lo stage da offrirmi, magari mi aprirà delle porte che non conosco. Sono ancora legato all’attimo. Sono abbastanza sicuro che non avrò problemi in quel che cercherò di fare: se troverò la passione, son sicuro che darò il 100%.

Anche nel no profit?

Era nella top 3 delle mie preferenze del Field Project. Mi piace avere un lavoro che faccia la differenza, che abbia un impatto, che possa avere contatto con le persone e che il mio lavoro possa migliorare la società. È giusto avere un qualcosa che ci stimoli, anche quando è utopia. Rincuora, inoltre, vedere che ci son persone che hanno a cuore certi temi e discorsi, ti dà speranza.

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